mercoledì 30 gennaio 2013

Indagini


L'arguzia del comandante però non è meno della sua intelligenza, capisce da subito che Frantz e gli altri avrebbero potuto tenersi la reliquia per loro ed evitare di consegnarla al prete, inoltre perchè cercarlo se poi ucciderlo? Propone ai Pg un accordo, la città del lupo è gravemente ferita dopo l'attacco di Archaon, la guardia cittadina è rimaneggiata e lui con i pochi uomini che ha a disposizione deve sedare continue rivolte per il cibo, perciò se gli eroi lo aiuteranno nell'indagine eviterà di indagarli come la normale procedura richiederebbe.

Frantz e i suoi si mettono subito alla ricerca di indizi a cominciare dal tempio di Sigmar e dal cadavere di Morten. La stanza del prete prontamente sigillata dal priore del tempio dopo aver visto morire Morten, presenta tracce interessanti. Kyrie scopre un dardo intriso di warpietra alla base del collo del religioso, sicuramente la causa del decesso; Sigfried con astuzia ottiene indicazioni importanti sulle ultime scritture del religioso; Frantz e Waldon sono di poco aiuto; Eldril e Brokk individuano tracce abbastanza palesi di un roditore di dimensioni umane, “uno uomo ratto, uno skaven” è ciò che afferma Brokk prima di lasciare la stanza; della reliquia ovviamente non c'è traccia.
Ritornati dal comandante e avvisatolo degli indizi recuperati, il gruppo viene a sapere che altri 3 cadaveri sono stati rinvenuti in città negli ultimi giorni e presentavano lo stesso modus operandi dell'assassino. A loro l'arduo compito di capire il legame.

sabato 26 gennaio 2013

La reliquia


Giunti a Middenheim, Frantz von Castellan si congeda dal capitano Schiller, con l'intento di consegnare la reliquia al tempio di Sigmar, come richiestogli dal suo mentore in punto di morte. Il tempio, si trova nei pressi dell'imponente luogo sacro dedito a Urlic, il dio dell'inverno. Questa infatti e la sua città, la città del lupo bianco, e qui, ma solo qui, in tutto l'impero, Sigmar è la seconda divinità. Giunti al tempio fanno la conoscenza col prete Morten, il quale li ringrazia per aver consegnato un oggetto di tale valore religioso e li ricompensa adeguatamente. Le strade degli eroi, almeno inizialmente sembrano dividersi, Sigfried e Brokk optano per una bella bevuta, Waldon invita Kyrie ad una deliziosa cenetta romantica (la invita soltanto, ndr) mentre Frantz ed Eldril fanno un dono al tempio prima di tornare dai profughi di Unteergard. Purtroppo le intenzioni di tutti vengono interrotte dall'arrivo di un messo, un giovane ragazzo degli orfani di nonna Moesler, inviato dal capitano Schiller. Il capitano vuole vederli urgentemente e così una volta radunati tutti scoprono, innanzi tutto che i profughi sono radunati nel vecchio parco cittadino, in attesa di una sistemazione, e che il comandante della guardia cittadina, Urlich Schutzmann, vuole vederli per avere informazioni precise sugli spostamenti degli uomini bestia nel Darkwald.


Dal comandante i convenevoli durano poco, il veterano dimostra di essere un tipo molto pratico e risoluto, chiede informazioni semplici e precise e interrompe rapidamente coloro che amano dialogare. L'arrivo di un soldato recante un messaggio, non interrompe il dibattito, almeno fino a quando il comandante non prende la parola e annuncia la morte di padre Morten. Gli eroi sono gli ultimi ad avergli fatto visita e come tali sono i principali sospetti...

venerdì 25 gennaio 2013

Dal Diario di Don Ghigno de la Vega...



"[...] era un dia lungo, mucho lungo. Il mio viaggio, per territori sconfinati, non ha dato mucho problema. In fondo el mio stocco e la mia pistola sono ben conosciuti anche fuori del mio nobile paese!
E così, tra donne nobili e paesane, vino, birra e profumo, sono giunto in questo posto losco, ma accogliente: Untergaard mi sembra.
Al che incontro un gruppo mucho variegato, un caballero molto irriverente (e si ricorderà per anni la mia G sulla sua veste, non se sfida el onor del Ghigno!). Un nano con un ascia muy enorme, un prete (o quasi), el archibugio muy simpatico... E poi l'elfa, muuuuy caliente por migo! Don Ghigno mette el son profumo, e con i raffinati modi d'Estalia approccia la mu bella senorita!
Ah, queste elfe, non abituate a odori machi e calienti como el migo!
Me retrovo en una pozza a lavarmi, mostrando el muy grosso amigo del don Ghigno!!
[...] Partemos per aiutar lo sgombero de Untergaard, atacada dalle bestie. Al che con mucho eroismo portiamo a termine la missione, ma una senora muy vecchia decide de cercar VENDETA! La inseguiamo, la trovemos e Don Ghigno resolve la situazione sparando alla gamba... e streoneria! la senora scompare nel fuego! Muy strano, devo abrir los ocios in questa tierra muy peligrosa... [...]"

La foresta oscura

Sette individui dalle razze e abitudini molto diverse, si ritrovano loro malgrado a dover collaborare alla difesa del villaggio di Untergard. Dopo una tremenda battaglia, che li ha visti protagonisti, contro un numeroso contingente di uomini bestia, la città è parzialmente distrutta e sebbene Middenheim abbia resistito all'assedio di Archaon, non è in grado di aiutare nessuno dei paesi vicini. Così la notizia dell'avvistamento di un contingente di uomini bestia, in arrivo da sud, spinge gli eroi e le autorità del luogo ad evacuare il villaggio e a cercare di raggiungere la città del lupo bianco. Sotto la guida esperta del capitano Schiller, il gruppo affronta sei lunghi giorni di viaggio durissimi, un viaggio che li cambierà per sempre, sopratutto nello spirito. Ovunque, nella regione serpeggia lo sconforto e la distruzione provocata dalle immense forze del caos che si sono rigettate contro l'impero. Svariati pericoli costringono gli eroi a decisioni rapide e non sempre piacevoli, ma nonostante tutto, alla fine del viaggio, riusciranno a raggiungere la loro meta.




Frantz von Castellan, si rivela essere un fervente fedele di Sigmar, non disdegna la lotta e di promuovere il proprio credo ad ogni occasione; Brokk, il valoroso nano, è spesso costretto a far da pacere tra i giovani baldanzosi del gruppo; Waldon è il connubio perfetto tra l'indole cavalleresca e la testardaggine bretonniana; Sigfried, unico sopravvissuto della sua unità di archibugieri, cerca il riscatto personale in questa "seconda" possibilità concessagli; Don Ghigno è conteso tra l'amoreggiare con ogni donna o sfidare ogni passante; Eldril, l'elfa, caduta vittima del corteggiamento costante dell'estaliano Della Vega, ha dimostrato il suo valore in più occasioni, ignorando anche i pericoli palesi; Infine Gabrielle furtiva e silenziosa di è destreggiata nella fitta boscaglia come una veterana.

giovedì 24 gennaio 2013

Eroi per caso

Un breve racconto dello scribano Jacopo per aprire il blog:


“Un'altra birra”, biascicò, già infermo sulle gambe, Orzad, il Nano Sventragiganti che mi trascinavo dietro nella sua ricerca di una morte gloriosa. E subito gli fece eco Ghigno De La Vega, il nobilastro spadaccino con un senso dell'onore così spiccato che non sopporta di essere vinto in nulla, nemmeno in una sfida di brindisi.
De La Vega: uno sbruffone estaliano, senza dubbio, eppure la sua impareggiabile verve aveva reso più allegre molte serate di navigazione, prima dello sbarco qui a L’Anguille, per evitare una tempesta. Il fatto ci ritardava ma, mentre consumavo il mio unico bicchiere di birra, pensavo che almeno per una notte avremmo dormito all'asciutto.
Lo pensai sino a quando non mi resi conto di avere l'acqua di mare alle caviglie. L'oste ci gridò di sgomberare, o presto saremmo stati sommersi: si trattava di una delle occasionali maree anomale che invadevano tutta l'area portuale della città. Uscimmo di gran fretta, mentre il freddo dell'acqua (che oramai ci arrivava alle ginocchia, e quasi al petto di Orzard) aiutava a smaltire le sbornie, e risalimmo a monte, noi tre e il sergente Imperiale Wilbur Smith che ci accompagnava.
Non era una situazione piacevole, ci rendemmo anche utili spostando un carico sotto le direttive di un nobilotto locale, ma per qualcuno era andata anche peggio: cadaveri galleggiavano per le vie ridotte a canali!
Ci avvicinammo, e...ORRORE! Non si trattava di uomini, ma di orridi mutati, evidentemente adepti di qualche culto blasfemo che io avevo il dovere imperativo di debellare! Non faticammo a trovare il luogo donde uscivano questi corpi: uno scantinato nel quale i cultisti erano stati sorpresi dalla marea ed erano affogati. Riuscimmo a penetrare nell'edificio prima delle forze dell'ordine, e qui trovammo le conferme che cercavamo: i mutanti erano adepti del Dio della Malattia, Nurgle! Quasi miracolosamente, erano invece sopravvissuti alla marea i prigionieri, destinati ad essere sacrificati. Venivano tutti da un paesello nell'entroterra, che decidemmo quasi all'unanimità di raggiungere.
A dire il vero, Orzard era scettico, dubitando di poter trovare una fine gloriosa in un villaggio, ma De La Vega gli sussurrò che da quelle parti si annidava un Drago, e gli occhi del nano si illuminarono.

Non ci saremmo aspettati il comitato d'onore per aver riportato i cittadini, ma nemmeno di dover tirar fuori tutte le nostre arti diplomatiche per evitare che il Barone locale, un certo Lord Enguerrand, facesse impiccare i prigionieri liberati in quanto fuggitivi e prendesse seri provvedimenti anche contro di noi.
Ad ogni modo, ci intimò di ripartire al più presto: evidentemente, aveva qualcosa da nascondere. Noi ci ritirammo nell'unica locanda del paese (dalla quale peraltro proveniva un boccale trovato nella casa del culto, insieme ad altri undici), in compagnia dei villici che avevamo liberati (felici nonostante le frustate con cui il Barone aveva punito la loro “fuga”) e dei loro congiunti. Ma la sorpresa maggiore fu quando venimmo avvicinati dal nobilotto che avevamo aiutato spostando il carretto, in città. Lui ci fece intendere chiaramente che il Barone si comportava in modo dubbio, poi sparì.

Nella notte, fummo svegliati da una banda di arcieri mascherati, dei quali decidemmo di fidarci (l'alternativa sarebbe stata probabilmente la morte...) e che ci aiutarono a superare le ronde predisposte dal Barone per sincerarsi che l'indomani partissimo realmente, e ci condussero nel folto della foresta, dove si organizzava una resistenza alle angherie del Barone stesso, con l'appoggio del nostro nuovo amico nobile. Parlammo a costoro dei nostri sospetti e costoro si offrirono di portarci nei pressi di una grotta frequentata dagli Uominibestia, aberrazioni che spesso si accompagnano ai culti del Caos. Non era la loro guerra, ma ci avrebbero guidati là per senso di giustizia, poi ce la saremmo dovuti cavare da soli.
Arrivammo sul posto che albeggiava. Nella penombra, intravedemmo due Uominibestia di guardia: ucciderli fu un attimo, fra i miei dardi magici e la spada di De La Vega che guizzava.
Lasciato il Nano di guardia, entrammo nella grotta.



Subito, fummo quasi sopraffatti da un puzzo infernale, io non trattenni i cibi assunti a cena nello stomaco. Poi, entrammo: il puzzo proveniva da una pentola, posta al centro di una vasta sala colma di immondizie, ed un cuoco quasi altrettanto immondo si dedicava alla pietanza, senza mostrare di essersi accorto di avere visite. Di nuovo, la spada di De La Vega fu più veloce del suo urlo.
Ci trovavamo in un'ampia sala, con svariate porte, di cui una sontuosa, una sprangata come per non far uscire qualcosa di mostruoso, una che pareva l'ingresso di una cella. Io e Wilbur ci indirizzammo alla cella, notando dentro un anziano, che decidemmo di liberare: prima, però, che potessimo interrogarlo, udimmo urla di allarme e battaglia provenire dall'ampia stanza centrale: De La Vega aveva aperto una delle porte più anonime, e dentro c'erano due adepti in preghiera. Ne aveva ucciso uno, ma l'altro aveva gridato l'allarme, e già altri quattro erano usciti, le armi in pugno.
Sopraffarli, in verità, non fu un grande problema, ma quando stavamo per tirare un sospiro di sollievo, dalla porta sontuosa si fece avanti Lord Enguerrand in persona, armato di tutto punto e con una sontuosa armatura, spavaldo e sicuro di sé: non sapeva chi aveva di fronte.
A dire il vero, all'inizio cominciò a picchiare in modo feroce, riducendo quasi in fin di vita De La Vega, nonostante i prodigi di valore di questi, che faceva guizzare la spada e provava ad evitare i contrattacchi. Quasi senza distrarsi dalla lotta con De La Vega, il Barone assestò anche alcuni colpi ben piazzati a me e a Wilbur, mentre le nostre armi riuscivano appena a superare la sua armatura, quand'anche riuscivano a raggiungerla.
Decisi di rischiare il tutto per tutto: mi gettai nella mischia, intenzionato a lanciare il sonno, a far addormentare il nostro avversario in un colpo solo. Fallii. Fallii di nuovo. Al terzo tentativo, finalmente, il Barone cadde pesantemente addormentato.

Potevamo trarre un sospiro di sollievo. O forse no? Le membra senza vita del Barone sembravano ribollire, come se si stesse compiendo una mostruosa trasformazione. Prima che potessimo reagire, entrò nella caverna una Dama Bianca a cavallo, una maga elfa che lasciò partire dalla verga che recava in mano un fascio di luce che polverizzò il Barone.
Poi se ne andò.
Senza parlare.
Chi era? Perché ci aveva aiutato? E perché, con la sua potenza, non era intervenuta prima?
Non lo sapevamo.
Poco dopo (ma non prima che potessimo raccogliere alcuni oggetti d'oro e preziosi arazzi utili alla nostra indagine), arrivarono anche i tizi mascherati che ci avevano aiutato nel bosco, si felicitarono con noi: alla fine, le nostre due guerre erano una sola guerra, come spesso accade a chi segue la retta via.
Infine, diedero fuoco a tutto, prima che l'infezione del Dio della Malattia si diffondesse in città. Noi ripartimmo verso l’impero, la nostra meta originaria.